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DECORSO CLINICO

E’ spesso impossibile prevedere nei primi giorni dopo l’ictus che cosa succederà. Alcuni soggetti con sintomi lievi tornano alla normalità in alcuni giorni o settimane, mentre altri rimangono disabili in modo permanente con difficoltà a provvedere a se stessi. Una pare, infine, non riesce a sopravvivere. La mortalità a 30 giorni è del 10% per l’ictus ischemico, del 33% per quello emorragico, del 15% per l’ictus nel suo insieme. La mortalità a 1 anno dall’esordio è del 30%. I fattori che influenzano negativamente la prognosi sono costituiti dai disturbi di coscienza, dai segni vegetativi (sudorazione profusa, vomito, tachicardia, ipotensione), dai segni di compromissione del tronco cerebrale (crisi ipertoniche, alterazioni pupillari, febbre elevata). Nei casi che non decedono, una volta superata la fase iniziale di peggioramento, il quadro clinico tende a migliorare. Il miglioramento tende ad essere più rapido all’inizio, più lento in seguito e può durare 1-2 anni. Per quanto riguarda la ripresa della motilità, la ricomparsa di movimenti attivi della mano è un elemento molto favorevole. Al contrario l’aumento precoce del tono muscolare (ipertonia), la flaccidità completa, i disturbi del senso di posizione del corpo nello spazio e il deterioramento mentale si associano a decorsi poco favorevoli. La ripresa di motilità è in genere migliore all’arto inferiore che al superiore. Si ritiene che certe funzioni, quali p. es. il linguaggio possano migliorare più a lungo della motilità. I soggetti che non guariscono completamente e rimangono portatori di una invalidità più o meno grave sono circa il 40%. I più frequenti esiti stabilizzati consistono in emiparesi spastica, andatura falciante, disturbi di linguaggio, disturbi di sensibilità, movimenti involontari (discinesie) e deterioramento mentale (demenza).